Lo sapevate? Perché i nuragici costruivano i templi a pozzo?
Luoghi di culto spesso allestiti in siti mistici e ricchi di fascino paesaggistico, dove poter celebrare al meglio il paganesimo nuragico. Scopriamo insieme che cosa rappresentavano per gli antichi Sardi i templi a pozzo e le fonti nuragiche, alcune delle quali si conservano ancora in tutto il loro splendore nella nostra Isola.
La civiltà nuragica si sviluppò in Sardegna lungo un arco cronologico di circa mille anni dando vita a una struttura sociale molto articolata, basata su una classe dirigente fatta di capi guerrieri e sacerdoti e di lavoratori. Una società all’interno della quale svolgeva un ruolo fondamentale la donna.
Oltre al nuraghe, edifici che rappresenta al meglio la civiltà nuragica, altri edifici tipici degli antichi Sardi sono le fonti e i pozzi sacri, strutture religiose realizzati nel Bronzo Recente e Finale, dal XIII secolo a.C., per celebrare riti nei quali la presenza dell’acqua era fondamentale. L’acqua come simbolo di nascita, fertilità rinascita e purificazione. L’elemento femminile religioso che ritorna, proprio come accadeva nella preistoria sarda, dove il binomio sole/toro e luna/terra rappresentavano l’aspetto maschile e quello femminile della spiritualità.
La struttura architettonica dei pozzi e della fonti sacre da semplice diventa nei secoli sempre più elaborata e raffinata. La maestria raggiunta dai nuragici è evidente nel calcolo delle proporzioni e nella tecnica di lavorazione dei conci. Si trattava di un lavoro svolto da scalpellini provetti. Insieme ai templi a megaron testimoniano il profondo senso del sacro durante la Civiltà Nuragica. La forma dell’edificio s’ispira agli stessi principi architettonici dei nuraghi di
ultima generazione, quelli a tholos con corridoi e ingressi a ogiva. Intorno a una sorgente viene costruito l’edificio. Nei templi a pozzo il disegno costruttivo è composto da tre parti essenziali: atrio, scalinata coperta da un solaio di architravi digradanti seguendo il procedere dei gradini verso il basso e cupola circolare a tholos composta da filari aggettanti. Nella parte superiore veniva realizzato un edificio a pianta rettangolare coperto con un tetto a doppio spiovente. Intorno al pozzo si nota il temenos, un recinto sacro. Nei muri perimetrali, nelle pareti della scalinata e sul fondo, si deponevano le offerte e gli oggetti di culto, i famosi bronzetti, che tanto raccontano della vita sociale nuragica.
Nelle fonti sacre, non esiste la scalinata e l’acqua sgorga in prossimità del piano di calpestio, è presente comunque un piccolo ambiente architravato delimitato da lastre di pietra lavorate finemente che contengono il pozzetto, a volte dotato di vasca poggiata sul fondo. Questi luoghi erano meta di pellegrinaggio, qui si celebravano infatti cerimonie pubbliche, e talvolta attorno al tempio, venivano costruite altre capanne ed edifici di servizio (taverne, luoghi di assemblea e riposo, botteghe, mercati, spazi per gli spettacoli) che formavano dei veri e propri santuari.
I riti erano legati alla fertilità delle donne, della terra e del bestiame, ai cicli della luna e del sole (e probabilmente anche a quelli degli astri) e alla reale forza generatrice dell’acqua che incideva su coltivazioni, raccolti e aveva, in una economia agro-pastorale, come quella nuragica, una grande importanza per il bestiame e la vita di tutti i giorni, in genere.
Alcuni scrittori di età classica riferiscono come in Sardegna, con le acque di alcune fonti, si praticasse l’ordalia, una sorta di giudizio divino: gli accusati di furto, bagnati con tali acque, se colpevoli divenivano ciechi mentre gli innocenti, al contrario, miglioravano la propria vista.
Tra i pozzi sacri più importanti meritano sicuramente una visita quello di Santa Cristina a Paulilatino, il pozzo sacro di Sa Testa a Olbia, Matzanni a Villacidro, Predio Canopoli a Perfugas, Sant’Anastasia a Sardara e quello del santuario nuragico di Santa Vittoria di Serri.
Tra le fonti sacre, bellissima quella di Su Tempiesu a Orune, Gremanu a Fonni, la fonte sacra di Niedda a Perfugas, quella di Noddule a Nuoro, Rebeccu a Bonorva e Sa Mitza de Nieddinu a Guspini.
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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi
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