La storia del carcere di Castiadas ebbe inizio, per volere di Eugenio Cicognani, nel 1875 in un periodo dell’anno che somigliava all’inferno. Ma i condannati ai lavori forzati, in fila con i loro carcerieri, sbarcarono lo stesso sulla spiaggia di Cala Sinzias. La loro fatica sarebbe stata enorme: doveva sorgere il carcere agricolo più grande della Sardegna e dell’intera Italia e non c’era tempo da perdere.

Mano a mano che il tempo passava, altri detenuti furono trasferiti a Castiadas per contribuire ai lavori. Il carcere era dotato di una falegnameria, un’officina meccanica, una farmacia, una stazione postale, una officina dei fabbri e una stazione telefonica. L’area intorno al carcere venne bonificata e avviata alla coltivazione di ogni sorta di colture agricole come cereali, legumi, frutta e verdura, servite non solo a sostentamento dei reclusi e del personale, ma anche a fini commerciali. Inoltre, il carcere di Castiadas divenne famoso per la produzione di carbone. Il compenso dei detenuti era determinato dal tipo di lavoro svolto.

Il carcere resistette fino al 1952, ma non fu certo un posto lieto: molte persone decisero di porre fine alla loro vita piuttosto che sopportare le dure condizioni del carcere.

Oggi, però, il vecchio carcere è stato recuperato e trasformato in una meta turistica, soprattutto in primavera quando la zona non è ancora presa d’assalto dai turisti e la temperatura è mite. Nel 2015, l’opera di recupero ha riguardato la casa del direttore, le scuderie e un’intera ala del carcere.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Roberto Todde, 38enne di Tortolì con un passato da giramondo e da esperto di moda, si sta facendo spazio nel mondo della comunicazione in Ogliastra grazie alla sua personalità e alla sua passione per la radio. Infatti, Todde ha ideato un format radiofonico interessante e originale battezzato come “Disobbedienti”, che da marzo va in onda ogni mercoledì su Radio Stella.

In questo programma, Todde intervista persone che nella loro vita hanno rotto gli schemi e hanno trovato il coraggio di seguire la propria strada. “Disobbedienti” non è quindi solo un format radiofonico, ma è anche una sorta di tributo alle persone che a vario titolo hanno fatto dell’originalità e della non conformità il loro marchio distintivo.

La scelta del nome “Disobbedienti” non è ovviamente casuale. Todde ha sempre creduto che la disobbedienza sia un fattore fondamentale per il progresso dell’umanità. “Solo andando oltre i limiti imposti dalla società e dagli schemi mentali consolidati, si può veramente fare la differenza e creare qualcosa di nuovo, portare alla luce la nostra vertà” spiega il conduttore radiofonico.

Non a caso, il giovane tortoliese si è ispirato, per trovare il nome giusto per il suo programma, al libro “Le disobbedienti” di Elisabetta Rasy, che racconta la storia di sei artiste – da Artemisia Gentileschi a Frida Kahlo – e della forza che ha animato la loro lotta per imporsi in un ambiente a maggioranza maschile.

Nel corso delle puntate, Todde ha intervistato molti personaggi interessanti e controversi d’Ogliastra. “Ogni intervista è caratterizzata dalla spontaneità e dalla forte empatia che si crea tra me e gli ospiti presenti in studio. Le conversazioni sulle nostre poltroncine spaziano dalla filosofia di vita dell’intervistato alle sue esperienze più significative e controverse” racconta Roberto.

Nonostante le difficoltà che il mondo della radio sta attraversando in questo momento, grazie alla creatività e alla passione di persone come Roberto Todde, ci sono ancora tante storie da raccontare e da ascoltare. “Disobbedienti” è un format radiofonico che incarna perfettamente questi valori e che merita di essere seguito da tutti coloro che cercano il coraggio di fare la differenza.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Gianluca Moro, 36enne tortoliese, ha fin da piccolo nutrito una passione viscerale per la musica. Questa inclinazione, unita ad anni di studio ed esperienze maturate sul palco, lo ha portato al successo nel campo della musica lirica. Da anni vive a Bologna e per lavoro viaggia in tutto il mondo, senza però scordare mai la sua terra d’origine, alla quale rivolge oggi anche un piccolo appello.

Conosciamolo meglio.

Quando e come hai scoperto la tua passione per la musica?

Ognuno di noi ha qualcosa su cui puntare, su cui ragionare, da scoprire, da coltivare e da far fiorire. Non importa il come, questo si scopre strada facendo. Ci convivi e ti fai interamente conquistare, ti fai sopraffare e poi impari a governarlo trasformandolo a tuo modo. La musica è un elemento come tanti altri. Probabilmente non siamo nemmeno noi a scegliere, veniamo scelti: il nostro compito è solo quello di capire, con ciò che la vita ci regala, come possiamo costruire qualcosa di solido e duraturo. Inutile dire che ho sempre avuto un’attrazione per tutto ciò che riguarda il mondo dello spettacolo in generale. Da che ho memoria mai ho pensato di voler diventare qualcos’altro, e se è accaduto, quel pensiero è stato dettato solamente dalla paura che parlava al mio posto. La musica è arrivata per caso, prima attraverso il pianoforte e poi con la voce, che a dirla tutta ho scoperto nelle scale di casa… era il posto dove “correva di più” (in gergo quando si dice che la voce corre significa che ha un suo fuoco, una direzione e un’identità ben definita e inattaccabile), e poi in cameretta, dove tutti noi da piccoli sperimentiamo, impariamo a conoscerci, nascosti dagli occhi del mondo fuori. E’ stato il primo palcoscenico, il primo pubblico, il posto sicuro in cui l’infinita fantasia a nostra disposizione alimenta il tutto. Estremamente banale a dirsi, ma è così: se solo riesci ad immaginarlo, puoi farlo. In sunto la musica c’è sempre stata, ed è il termine che mi permette di essere me stesso, nel miglior modo possibile.

Hai mosso i tuoi primi passi nella Scuola Civica di musica di Tortolì. Cosa provi, oggi, nel sapere che è una realtà che non esiste più?

La scuola civica è stata il posto dove ho appreso le prime nozioni musicali, ho mosso i primi passi e commesso i primi errori, molti errori. Ho bellissimi ricordi a riguardo. Le lezioni, i compagni, le colossali stecche, i saggi e le prime esibizioni, e anche i primi pareri contrastanti di chi ascoltava e pensava che probabilmente non ci avrei potuto fare meno di niente con ciò che avevo tra le mani. Quei pensieri non richiesti che ti vengono sbattuti in faccia in modo crudo, gratuito e disarmante, ma che fanno parte del gioco. Conservo tutto gelosamente. Non credo di dover aggiungere altro, se non esprimere il dispiacere per una possibilità di studio che non è più concessa, anzi negata, alle nuove generazioni. So che ci sono altre realtà, anche molto belle e stimolanti, e questa è già una grande fortuna, però direi che si potrebbe fare sempre di più.

Come ti sei avvicinato all’opera lirica? Chi sono i tuoi modelli di riferimento?

L’opera è arrivata per caso. Il mio vecchio vocal-coach con cui studiavo a Roma, il tenore afro-americano Timothy Martin, oramai caro e stimato amico, mi regalò un biglietto per La Traviata con allestimento di Zeffirelli all’Opera di Roma. Ci andai e, a dirla tutta, non ci capii praticamente niente, ma allo stesso tempo mi conquistò. Il resto è arrivato da sé. I modelli sono tanti, ognuno ha qualcosa che possiamo rubare, utilizzare, cucirci addosso, però il mio preferito in assoluto – lasciando da parte Luciano Pavarotti, Alfredo Kraus, Mirella Freni, Montserrat Caballé e Maria Callas – è certamente Juan Diego Florez: generosità disarmante, dotato di voce e tecnica che non hanno eguali nel mondo dei vivi. Bisogna andare ad ascoltarlo dal vivo in teatro per rendersi davvero conto di quanto stia dicendo.

 

La tua famiglia ti ha sostenuto in questo tuo particolare percorso?

Assolutamente sì. Pieno sostegno, sempre. Elemento basilare, qualsiasi sia la strada che decidi di percorrere.

Quanto è duro districarsi nel mondo della musica ad alti livelli? Quanti sacrifici hai fatto, a cosa hai rinunciato?

Mi viene da ridere, anzi da sorridere, perché a questo è bene non pensare troppo. I sacrifici sono sempre tantissimi, sia di tipo materiale che immateriale. C’è sempre qualcosa a cui devi rinunciare: i miei amici ad esempio cominciano a costruire una famiglia, comprano casa, ed io combatto con una cadenza di un’aria da risolvere, con un acuto o con una parte che non mi entra in testa, ma che devo imparare a memoria sennò sarà un bel casino. Loro mi mandano la prima ecografia del futuro bimbo in arrivo, e io li invito a teatro… però è bello così, anche perché diventerò “zio” ancora una volta. Rende l’idea? 😉

L’ultimo tuo lavoro ha avuto Cremona come culla ed è stato un grande successo. Ci racconti come è andata?

L’opera si chiama “A Sweet Silence in Cremona”, con musica di Roberto Scarcella Perino e libretto di Mark Campbell (che per altro ha vinto pure un Pulitzer e un Grammy. “Bobboi!”, direbbe una mia carissima amica!). La storia in musica nasce da un evento realmente accaduto a Cremona prima della pandemia. In breve, il sindaco attualmente in carica ordinò tassativamente a tutti gli abitanti del quartiere vicino al Museo del Violino cremonese di fare silenzio per una giornata intera: tutto si fermò, fu silenzio assoluto. Nessun rumore, nessuna auto, moto ecc… nulla di nulla, e tutto ciò in nome della musica. Nel museo, infatti, in quella giornata avrebbero registrato il suono di un violino Stradivari rarissimo e preziosissimo, e per tale evento il silenzio e il suono del violino sarebbero stati gli unici elementi chiamati in appello. Questo, che credo accadde nel 2018 o 2019, catturò l’attenzione di un giornalista del New York Times che ne scrisse un articolo a riguardo, che catturò a sua volta l’attenzione di Campbell, il quale ne scrisse una storia a mo’ di libretto d’opera, musicata successivamente dal compositore Scarcella Perino. Nell’opera i personaggi sono sei, più un cane e un violino.

Chi hai intepretato?

Nello specifico il mio personaggio si chiama Yassine, un teen-ager immigrato algerino, che ha deciso di trasferirsi in Italia con la famiglia per cause di forza maggiore, ma che trova in questo paese la sua casa, il posto in cui poter crescere e vivere sereno. Dico “mio” non per eccesso di possesso, ma perché sono stato il primo – e questo lo affermo con fierezza – ad aver dato voce a questo carattere: ci ho creduto fin dall’inizio, ho creduto nella musica scritta ancora mai suonata, ho creduto nel progetto e nel suo potenziale. Progetto prodotto dal Teatro Ponchielli di Cremona e dal Center of Contemporary Opera di New York, una Premiere mondiale assoluta che replicheremo a Firenze in giungo… e poi chissà… staremo a vedere. Ne approfitto e vi invito a scoprire di più sabato prossimo, 28 maggio, alle 20:55 sul canale 19 del digitale terrestre e sul web: è un’ora di bella musica, in un bel teatro, e con una stupenda scenografia. Se vi va, guardateci e ascoltateci!

Quali sono, invece, i programmi per il futuro?

A fine mese avrò un concerto di musica da camera incentrato interamente su Francesco Paolo Tosti, compositore che visse tra l’800 e il 900, e poi ai primi di giugno per la prima volta sarò una delle voci soliste nella Messa dell’Incoronazione (K312) di Mozart che eseguiremo a Bologna e Ravenna. Sono molto emozionato per entrambi gli appuntamenti, adoro le romanze del repertorio cameristico di Tosti e amo Mozart alla follia. Non posso che esserne grato, doppiamente!

Che consigli senti di voler dare ai ragazzi che si stanno avvicinando al tuo mondo?

Qualche giorno fa su un famoso social ho letto un post in inglese che diceva più o meno così: Se avessi la possibilità di incontrare te stesso a diciotto anni cosa gli diresti? (Hai tre parole a disposizione per rispondere). Commentai sotto scrivendo questa frase: “Unleash your potential”, ossia “Scatena il tuo potenziale”. Vuol dire non avere paura, vuol dire studia e non ti fermare, vuol dire vivi ciò che sei senza reputarti inadeguato e inadatto, e soprattutto credi in te stesso sempre; significa tante cose, e tutte positive. Questo è tutto ciò che direi, o meglio che penso di poter dire… e che tuttora dico a me stesso, perché in fondo non si finisce mai di studiare, di imparare, di scoprire i propri limiti per poi superarli, e di “giocare” a fare le gare con sé stessi. Ammetto in ultimo che questa resta una di quelle domande che mi imbarazzano, e non poco: ho un vagone infinito di roba da imparare, tanto da fare e ancora parecchia strada da percorrere.

Tortolì: hai qualche sogno “musicale” per il tuo paese d’origine?

In realtà è da un po’ di tempo che penso a un progetto che probabilmente avrebbe buone possibilità di concretizzarsi. La parola d’ordine è “Petite Messe Solennelle” di Rossini. Mi piacerebbe poter collaborare con le realtà corali della zona, nello specifico incontrarsi per un concerto che porterebbe in scena questa bellissima messa rossiniana, in cui è presente per l’appunto un coro, due pianoforti, un armonium e quattro solisti. Un’utopia? Resta il fatto che mi piacerebbe davvero tanto poter realizzare questo progetto, che ancora è un’idea, ma che potrebbe prendere vita senza troppi intoppi, forse.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Elodie ha vinto il suo primo David di Donatello, il premio che celebra il meglio del cinema made in Italy, nella categoria “Miglior Canzone Originale” grazie al brano “Proiettili” contenuto nel film Ti mangio il cuore, pellicola nella quale la cantante ha anche recitato.

«Sono molto emozionata, non me lo aspettavo, ma perché io non vinco mai», ha spiegato Elodie sul palco «L’importante però non è vincere, ciò che importa è fare le cose con amore e incontrare belle persone e io ne ho incontrate tante. Grazie per avermi dato questa possibilità».

Alla regia del video della canzone vincitrice troviamo con orgoglio il sardo Roberto Ortu, di San Sperate, che di recente aveva fatto parlare del suo lavoro anche per il video “Due Vite” girato in Sardegna per Marco Mengoni, altro apprezzatissimo cantante, con il quale duetterà presto proprio Elodie.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Tutti conoscono la chiesa di Stella Maris ad Arbatax, costruita nel 1953, divenuta parrocchia nel 1966 e dedicata alla Madonna Stella del Mare, ma non tutti sanno che questa chiesa ha una pianta rettangolare e la facciata esterna è composta di pietre in granito, come il campanile che si presenta a tre livelli, a simboleggiare la Santissima Trinità.

Come si può osservare nella foto ci sono tre tipologie di aperture nel campanile: a salire, monofora, bifora e trifora, con una cupola cuspidata e in cima una croce.

La festa in onore della Madonna viene celebrata ogni terza domenica di luglio e coinvolge tutta la comunità.

Durante il weekend della festa, che dura tre giorni, si svolgono numerose attività e festeggiamenti, laici e religiosi, che si concludono la domenica sera con uno spettacolo pirotecnico sulla baia, che attira persone da tutta l’isola e rende l’evento uno dei più importanti dell’estate in Ogliastra.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Non lontano dall’Anfiteatro Romano di Cagliari, si possono ancora ammirare i reperti archeologici della Villa di Tigellio, un complesso composto da tre abitazioni indipendenti, ma confinanti tra loro.

La prima dimora, conosciuta come la casa degli stucchi grazie alla grande quantità di stucchi presenti al suo interno, era un edificio lussuoso appartenuto probabilmente a qualche famiglia benestante dell’epoca.

La seconda dimora, la casa del tablino dipinto, era invece decorata con affreschi lungo le pareti. Della terza dimora, invece, è stato ritrovato solamente il tracciato dei muri.

Tutte le case erano dotate di finestre che si affacciavano sui cortili interni, in modo da creare una netta separazione con le classi sociali meno abbienti.

Il complesso era cinto da un portico del quale sono rimaste alcune colonne, e sono visibili i resti di una piccola area termale, alcuni mosaici nei pavimenti e un bellissimo pavimento in marmo bianco legato dal cocciopesto.

La Villa di Tigellio, risalente al II secolo d.C., originariamente veniva considerata come la dimora del poeta e musico sardo Tigellio, ma in seguito si scoprì che si trattava di un insieme di dimore.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Giuseppe Urgeghe, 38enne originario di Sennori ma da tempo a Sassari, grande appassionato di viaggi e cultura e titolare di un’agenzia di sviluppo web, si è avventurato in un viaggio di 40 giorni in Madagascar, con l’obiettivo di conoscere in profondità la cultura, la natura e la popolazione del luogo, documentando la sua esperienza attraverso i suoi canali social.

Il progetto, intitolato “Il mio viaggio in Madagascar”, si concentra su un turismo sostenibile e responsabile, che vada a rispettare le regole locali e la cultura del paese.

Urgeghe si è impegnato a documentare la vita quotidiana e le curiosità del Madagascar, cercando di offrire un’immagine completa e autentica del luogo. Nonostante il lungo viaggio e lo “stordimento” iniziale, Giuseppe è determinato a raggiungere il suo obiettivo e ad offrire un’esperienza di viaggio unica e rispettosa del paese che ha ospitato lui e la sua curiosità.

“Avevo in mente questo progetto da tantissimo tempo ma solo quest’anno ho trovato il coraggio di buttarmi in questa avventura. Ovviamente ho portato con me tutta l’attrezzatura per lavorare, ci tengo a continuare a seguire al meglio i miei clienti. Seguo anche qui normali orari di lavoro. Il tempo libero, invece, è tutto dedicato alla scoperta di questa meravigliosa isola” spiega Giuseppe.

Segui il suo progetto sui suoi canali social per scoprire con lui la bellezza e la ricchezza del Madagascar

https://www.instagram.com/ilmioviaggioinmadagascar/

 

L’articolo 40 giorni e 40 notti in Madagascar: il progetto del sassarese Giuseppe Urgeghe proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Il sesto Filming Italy Sardegna Festival, ideato e diretto da Tiziana Rocca, avrà luogo dal 22 al 25 giugno presso il Forte Village di Santa Margherita di Pula, nella città metropolitana di Cagliari.

Quest’anno, il festival sarà presieduto dal presidente onorario Richard Gere, mentre Francesca Chillemi sarà la madrina e Claudia Gerini presiederà la giuria dei cortometraggi.

Il festival ha raggiunto la sua sesta edizione, rappresentando un traguardo importante per un evento che negli ultimi anni si è guadagnato il ruolo di punto di riferimento per la promozione dei prodotti audiovisivi, attirando l’attenzione di numerosi studenti appassionati dell’industria cinematografica.

Il Filming Italy Sardegna Festival è stato anche il primo a inaugurate la stagione estiva cinematografica, consolidandosi come festival acclamato dagli artisti e dagli appassionati del settore, sia italiani che internazionali. Con grande orgoglio, si annuncia il presidente onorario di quest’anno, l’attore Richard Gere, una vera icona del cinema mondiale e leggenda del settore.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Una visita d’eccezione c’è stata ieri sera a Bitti negli spazi del Cinema Ariston dove dallo scorso 8 aprile è allestita la mostra “Frida Kahlo – Viva la Vita”. A varcare le porte dell’esposizione multimediale dedicata alla straordinaria artista centro americana è stato l’Ambasciatore degli Stati Uniti Messicani in Italia, Carlos Garcia de Alba Zepeda, accompagnato dalla moglie, dal figlio e dal Console onorario per la Sardegna, Renato Chiesa.

Ad accogliere i visitatori il sindaco di Bitti, Giuseppe Ciccolini, l’assessore del Turismo, Christian Farina, e le operatrici della cooperativa Istelai che curano l’iniziativa e guidano i turisti nell’immersione artistica.

Il diplomatico. “Prima volta a Bitti e impressione notevole”. Ha esordito in questo modo l’Ambasciatore degli Stati Uniti Messicani appena conclusa la visita. “Faccio i complimenti alle autorità, ai curatori e a tutti coloro che hanno fatto il possibile per questa bellissima mostra. Sono veramente impressionato. Per essere un paese così piccolo, vedere questa mostra di Frida Kahlo, così ben messa e supportata concettualmente, artisticamente e tecnologicamente, mi tolgo il cappello. Complimenti. Veramente una bella mostra. Oggi il Messico è molto più vicino alla Sardegna”, ha concluso il diplomatico.

Il sindaco. “È stato un vero onore aver ospitato a Bitti l’ambasciatore del Messico che ha deciso di raggiungere il nostro paese in una delle poche tappe della sua trasferta di lavoro in Sardegna”. Così il sindaco di Bitti, Giuseppe Ciccolini, che ha aggiunto: “Con la visita di oggi, la cultura si conferma ancora una volta elemento di condivisione attraverso cui rendere più vicini mondi e popoli geograficamente lontani”.

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Avete mai pensato a come potessero essere i nuraghi nell’età del loro massimo splendore? Marco Mellace, insegnante dell’Istituto tecnico Luca Paciolo di Bracciano a capo del progetto “Flipped Prof”, lo ha fatto.

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In un video pubblicato su Youtube e sulla pagina Facebook di Flipped Prof viene mostrato lo splendido Nuraghe Arrubiu di Orroli all’epoca del suo massimo sviluppo, databile a partire dal 2000 avanti Cristo, un’età in cui forse solo gli egiziani erano in grado di competere con i sardi in fatto di architettura.

Come molti sanno, le fortificazioni originali dei Nuraghi, erano torri ben più definite e svettanti di quelle che sono arrivate fino a noi. Dei veri e propri castelli sorti nell’Isola nel bel mezzo dell’età del bronzo che raccontano di una civiltà assai avanzata per l’epoca.

Ecco il video:

L’articolo (VIDEO) Un video in 3D mostra com’era il Nuraghe Arrubiu di Orroli nell’antichità proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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