Numerosi intellettuali, viaggiatori, scrittori, nel corso dei secoli hanno visitato la Sardegna. Chi più, chi meno, sono rimasti ammaliati dalla bellezza dei luoghi e delle tradizioni millenarie. C’è qualcuno, però, che questo fascino non l’ha subito e anzi non ha fatto mistero della propria delusione. Questo qualcuno si chiamava Honoré de Balzac, scrittore, drammaturgo, critico letterario francese noto in tutto il mondo per essere l’autore de “La commedia umana”.

Balzac era un vero e proprio spendaccione, tanto che, per ripagare i debiti ma anche per arricchirsi, pensò bene di recarsi in Sardegna per estrarre i giacimenti minerari abbandonati dagli antichi romani e dai sovrani medioevali. Era il 1838 e lo scrittore si imbarcò da Marsiglia alla volta dell’isola, convinto di riuscire a mettere le mani sulle ricchezze del sottosuolo sardo. Ma non gli andò proprio bene. Il primo intoppo fu il colera, che lo costrinse a rimanere a bordo della nave nella rada di Alghero.

In seguito riuscì a sbarcare a Porto Torres, il 12 aprile, e da qui tentò l’impresa di estrarre i giacimenti minerari della zona dell’Argentiera, in agro della Nurra. Non sapeva però che quello che credeva essere un amico fidato, un mercante genovese che gli aveva consigliato di venire nell’isola per questo scopo, lo tradì facendosi dare le concessioni prima dell’arrivo dello scrittore. Quest’ultimo comunque non volle demordere e ritentò con le miniere di Domusnovas. Anche qui fallì. Ripartì dal porto di Cagliari alla volta di Marsiglia. Fallirono così i suoi sogni di arricchirsi con le risorse naturali sarde. Ma invece di prendersela con il presunto amico, si scagliò contro la Sardegna e i sardi.

In un epistolario inviato alla sua amante e futura sposa, la contessa Eva Hanska, scrisse testuali parole: «L’Africa incomincia qui. Intravedo una popolazione cenciosa, completamente nuda, scura di pelle come fosse etiope. (Cagliari, 17 aprile). Ho girato tutta la Sardegna e ho visto cose come se ne raccontano degli Huroni e della Polinesia. Un regno interamente deserto, veri selvaggi, nessuna coltivazione, savane di palme selvatiche; dappertutto capre che brucano tutte le gemme ed hanno gli altri vegetali a portata di mano […] Da Sassari ho attraversato tutto l’interno della Sardegna. È dappertutto la stessa. C’è un borgo in cui gli abitanti fanno un orribile pane riducendo a farina le ghiande di quercia che mescolano con argilla, e questo a due passi dalla bella Italia. Uomini e donne stanno nudi, con un pezzo di tela, uno straccio attorcigliato, per coprire le parti intime. Il giorno di Pasqua, ho visto creature ammassate come gregge, al sole, lungo i muri di terra dei loro tuguri. Nessuna abitazione ha il camino, accendono il fuoco al centro dell’alloggio che è tappezzato di sego. Le donne passano la giornata a macinare, impastare il pane, e gli uomini badano alle capre e alle greggi, e il paese più fertile del mondo è una sodaglia, è tutto una sodaglia».

Parole dure che rispecchiavano solo la personale visione dello scrittore francese, non certamente quella della maggioranza dei viaggiatori stranieri dell’epoca, che invece tessero le lodi dell’isola. Balzac scrisse solo una nota positiva: «Al centro di una così profonda e incurabile miseria, ci sono villaggi con costumi di stupefacente ricchezza». Si pensa che lo scrittore francese si sia ispirato alle fatiche del suo viaggio in Sardegna quando scrisse la commedia teatrale “L’école des ménages”.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Scontro frontale sulla strada Tertenia- Sarrala, in prossimità dell’incrocio con la S.S. 125.

Alle 16:20 la squadra dei vigili del Fuoco di Lanusei è intervenuta per soccorrere gli occupanti di due automezzi che, per cause in corso di accertamento, sono andati in collisione in uno scontro frontale.

I mezzi coinvolti sono un furgone con il solo conducente a bordo originario del posto e una autovettura Renault occupata da due cittadini di nazionalità tedesca a bordo.

Particolarmente impegnative e complesse le operazioni di estrazione degli occupanti della vettura, per i quali si è reso necessario l’impiego delle cesoie idrauliche così da poterli liberare dalle lamiere contorte e consegnarli al personale sanitario intervenuto.

Sul posto hanno operato, oltre ai vigili del fuoco, tre ambulanze: Croce verde Jerzu, Ogliastra emergenza e Areus 118 e servizio di elisoccorso.

Presenti i Carabinieri che hanno effettuato i rilievi di Legge.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Mare o montagna? Costume da bagno o scarpe da trekking? E perché non entrambe le cose? Già, l’Ogliastra non scontenta nessuno e chi la sceglie sa che potrà decidere, giorno per giorno, come interpretare la propria vacanza. La porta d’ingresso da cui accedere a questo territorio è la città di Tortolì, che regala ai visitatori spiagge incontaminate, cale rocciose e lagune, con alle spalle boschi di colline ricoperte di macchia mediterranea e da vigneti Cannonau.

Ed è proprio qui, in questo tratto di costa, che vi consigliamo di fermarvi anche per assaporare l’enogastronomia locale.

Una pausa dopo una giornata dedicata a una gita in barca o ad una escursione, può essere trascorsa al Basaùra, soprattutto se si è alla ricerca di un pranzo o di una cena vista mare e di un menù legato alla cucina di una volta a base di freschissimo pescato locale.

Stare seduti comodamente nel patio di questo ristorante, avvolti dalla delicata brezza marina che accarezza le tende bianche della struttura, mentre si gustano i piatti accompagnati da un calice di vermentino: questa è l’esperienza che il Ristorante Basaùra offre, da tanti anni, ai propri clienti.

Vi consigliamo di iniziare la vostra esperienza in questo ristorante con un vassoio di crudi. Ostriche, cozze, gamberi, scampi, arselle provenienti dai pescherecci locali vengono serviti su un plateau di ghiaccio per preservarne il gusto e la freschezza. L’inizio del viaggio nella tradizione culinaria ogliastrina prosegue poi con la burrida, secondo la ricetta della nonna (con razza, noci e aceto), con i raviolini di pesce e i ravioli al nero di seppia, preparati con pasta fresca.

La fregola, con arselle locali e e bottarga è la “sovrana” dei primi di pesce del Basaùra. Chi non l’ha mai assaggiata, ha qui la possibilità di gustarne una versione che combina materie prime di alta qualità e una preparazione ancorata alla tradizione.

E mentre lo staff del Basaùra vi versa un altro calice di vermentino potete ordinare una frittura di pesce croccante e saporita a base di gamberi, calamari e piccola pesca locale: il mare è davanti agli occhi e sul palato.

Marco, il proprietario del locale, profondo conoscitore della zona e sempre pronto a regalare consigli sui luoghi da visitare, accompagna i clienti nella scelta del pescato del giorno, nel giusto vino da abbinare. E dopo un solo pranzo, un’ultima occhiata al mare e un pensiero a quello che si è gustato: è facile passare dal “Benvenuti in Ogliastra” ad un sicuro “Ci rivedremo prestissimo”.

 

 

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Grave incidente stradale in Sardegna.

Il sinistro avvenuto sulla sp 73, al bivio con la sp 99 Olbia-Porto Rotondo, dove sono rimaste coinvolto 4 automobili.

Diverse le persone rimaste ferite, con tre ambulanze del 118 giunte sul luogo dell’incidente.

Sul posto anche i Vigili del Fuoco di Olbia e i Carabinieri. Nelle strade si registrano forti rallentamenti alla circolazione.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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A cura di Maena Delrio

Tra le leggende che aleggiano intorno alle rovine del castello di Quirra, che si staglia in cima al monte Cudias sulla linea di confine tra il Sarrabus e l’Ogliastra, troviamo quella di Beatrice Cubello.

Figlia del marchese di Oristano, Leonardo Cubello, e di donna Quirica Deiana; sorella di Antonio, Salvatore e Benedetta, venne donata in sposa a Berengario Carroz, dopo la sanguinosa battaglia di Sanluri, nel 1410. Il padre, sconfitto, cede la giovinetta al Carroz, secondo i costumi dell’epoca, dopo aver stipulato una tregua nella quale ottiene di mantenere il marchesato di Oristano e una cospicua somma di denaro. La ragazza morirà poco tempo dopo, in seguito a una caduta dalle alte mura del castello di Quirra, dove il suo sposo la conduce, rinchiudendola nell’isolamento della fortezza, dopo le nozze.

È qui che la figura di Beatrice si perde tra storia e leggenda. Il suo nome scompare dagli atti ufficiali, sostituito dall’iniziale B. e presto confuso con quello di sua sorella Benedetta. Forse un disguido di natura pratica, dato che nel 1400 i documenti venivano ancora vergati a mano. O, si potrebbe ipotizzare, una volontà anche paterna, nel cancellare le prove della sua esistenza, dopo il disonore di cui fu accusata e che portò alla sua condanna a morte da parte del Carroz.

Carboni nel romanzo storico del secolo XV, Leonardo Alagon, edito nel 1872, racconta del triste epilogo della fanciulla, che il marito gettò dal muro perimetrale insieme al neonato in fasce, dopo averla accusata di tradimento, per liberarsi di lei e sposare donna Eleonora Manrique, parente del re di Spagna, la quale avrebbe di certo portato una dote maggiore al Carroz, oltre che garanzie di natura politica di una certa importanza.

Non troverete il nome di Beatrice Cubello nei libri di storia della Sardegna medievale. Talvolta, potreste imbattervi in una B., anonima. Eppure, dietro quell’iniziale puntata c’è stata una donna, occultata alla vista e alla memoria per vendetta e opportunismo politico dalla sua stessa famiglia. La sua virtù e la sua disgrazia però sono state tramandate di bocca in bocca, di cuore in cuore, come accade per gli animi puri che hanno subito un torto troppo profondo. E così, il suo ricordo nei secoli è sfumato in leggenda.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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La fine dell’embargo sulle esportazioni, che da anni pesa sull’intero comparto suinicolo dell’Isola, potrebbe essere vicina.

È quanto è emerso nel corso dell’incontro che si è tenuto ieri a Bruxelles con la Direttrice Generale per la Salute e la Sicurezza Alimentare della Commissione Europea e a cui hanno preso parte il sottosegretario del Ministero della Salute, Andrea Costa, e i vertici dell’Unita di progetto ragionale per l’eradicazione della peste suina africana e dell’Istituto Zooprofilattico della Sardegna, assistiti dalla Rappresentanza d’Italia presso l’UE. L’impegno, che dovrà essere ora formalizzato, stabilisce una ‘road-map’ che si tradurrà con l’invio e l’esame di report, a cadenza mensile, sulla situazione dell’Isola in relazione alla Psa. Un iter che porterà entro l’anno a una decisione sulla revisione delle restrizioni attualmente in vigore.

“La Sardegna attende da tempo la fine dell’embargo. Sul fronte dell’eradicazione della peste suina africana abbiamo ottenuto importanti traguardi e ora è indispensabile e doveroso che i risultati e i sacrifici degli allevatori e delle comunità, dai cittadini ai sindaci, agli operatori in campo, vengano riconosciuti senza ulteriori indugi”, dichiara il Presidente della Regione, Christian Solinas. “Guardiamo con assoluta fiducia agli impegni presi nel corso dell’incontro di oggi – sottolinea il Presidente – e continueremo a lavorare per raggiungere un obiettivo di fondamentale importanza per la nostra Isola e per i tanti operatori di un comparto, quello suinicolo, dall’enorme potenziale. I prodotti suinicoli della Sardegna, la qualità che la nostra Isola sa esprimere, nonché le prospettive di mercato, rappresentano un’opportunità irrinunciabile per l’economia della Sardegna”.

“Abbiamo risposto puntualmente – dichiara l’assessore regionale della Sanità, Mario Nieddu – a tutte le richieste e indicazioni che ci sono arrivate da Bruxelles. I risultati ottenuti sono stati certificati nel corso dell’ultimo audit dagli ispettori europei che hanno potuto apprezzare il lavoro svolto anche sul fronte della sorveglianza del brado e del selvatico, aspetti che invece, tre anni fa, erano stati valutati come carenti. Nel percorso che si andrà ad aprire puntiamo a confermare i risultati raggiunti proseguendo con il nuovo ‘piano peste’ che da un lato rafforza le misure per favorire l’emersione degli allevamenti irregolari, e dall’altro semplifica le procedure e sostiene le tante attività certificate”.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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Un’impresa straordinaria quella di Matteo Gregorio, soccorritore marittimo nella Guardia Costiera di Arbatax.

Matteo ha realizzato il periplo intero della Sardegna in bici in soli 4 giorni, dall’11 al 15 giugno.

Ci racconta la sua avventura:

“Sono partito in bicicletta in solitario, da Maracalagonis (CA) sabato 11 giugno alle 6:30 e arrivato alle ore 12:00 del 15, per compiere 864 km e 8.617 metri di dislivello, il periplo dell’isola, in modalità “ultracycling”, ovvero nel più breve tempo possibile, ovvero in 42 ore di pedalata effettiva.

Da sottolineare che è stata una follia perché quest’anno avevo poco più di 500 km di allenamento nelle gambe e non avevo mai superato un allenamento da 100 km, tra l’altro sono partito al quinto giorno di antibiotico per via di una bronchite.

Arrivato ad Orosei alle ore 20:30, circa 15 ore, il tempo di mangiare qualcosa al ristorante montare la tendina in spiaggia e spararmi qualche ora di sonno, purtroppo non ci sono riuscito per via di una discoteca vicino alla spiaggia, ahimè notte in bianco.

Colazione alle 6:30 e ripartito in direzione Olbia, percorrendo, interamente da sud a nord, tutta la bellissima ss 125 “orientale sarda”, credo che quella sia stata la giornata più calda e più dura di tutto il giro, vento di grecale contrario, distrutto dalla notte insonne e per un problema di follicolite sul sedere non riuscivo più a stare seduto in sella, l’intenzione era arrivare almeno a Santa Teresa di Gallura, ma lo stop obbligatorio ad Olbia è stato obbligato, altrimenti avrei abbandonato l’impresa.

Ho acquistato un copri sella da decathlon e una pomata al cortisone in farmacia che mi hanno letteralmente salvato il sedere, stavolta ho deciso di riposare in B&B ad Olbia, vista l’esperienza negativa della nottata precedente. Sveglia alle 4:30 partenza alle 6 verso Santa Teresa, finalmente buone sensazioni in sella, come per miracolo i dolori erano molto più sopportabili, questo mi ha permesso di arrivare fino ad Alghero (ovviamente per non farmi mancare nulla, sempre con vento contro perché poi ha girato a NW maestrale), dove sono arrivato alle 19:00. Ho cenato, riposato e ricaricato le batterie per la grande tappa del giorno successivo.

Partito alle 6:00 da Alghero ho percorso tutta la costa nord/sud occidentale passando poi per Teulada e per arrivare a Maracalagonis CA alle ore 12:00, dopo 30 ore di pedalata NOSTOP, questa volta ho avuto una gioia, il vento maestrale ha tenuto per tutto il tempo è mi ha supportato. Ho riposato solo un oretta e mezza circa in una panchina in un distributore di benzina a San Giovanni Suergiu e un oretta e mezza in una panchina a Teulada. A Buggerru ho saltato il rifornimento borracce e la cena ricordando, purtroppo male che il prossimo paese, Nebida, fosse più vicino e invece non solo era lontano, ma anche nel bel mezzo delle ripide salite di quella zona. Ho pedalato per ore al buio con il telefono senza segnale e con meno di mezza borraccia d’acqua, per fortuna ho trovato un agriturismo in mezzo al nulla che mi ha ristorato con acqua e caffè.

È stata un’esperienza fantastica che mi ha permesso di ammirare le bellezze dell’isola, anche se solo con un colpo d’occhio mentre scendevo una discesa panoramica o mentre affrontavo salite faticose, ma soprattutto, mi ha permesso di farlo ad impatto ZERO sull’ambiente, non ha lasciato alcuna traccia del mio passaggio, a parte le gocce di sudore che cadevano sull’asfalto, ho usato il mio cuore e le mie gambe come motore e una fantastica bicicletta che è stata la mia unica compagna di questo meraviglioso viaggio per le strade della Sardegna”.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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La panificazione in Sardegna è un’arte che si tramanda da millenni; sono tantissimi i tipi di pane che i sardi hanno sempre fatto con le loro mani. Non solo carasau, guttiau, civraxiu, frattau e pistoccu: quanti di voi hanno mai sentito nominare il pane di ghianda?

Nella nostra Isola la ghianda è largamente diffusa. Su Pan’Ispeli, questo il nome in lingua, veniva preparato fin dall’epoca del Neolitico nella zona dell’Ogliastra, in tempi in cui c’era molta fame, e venne citato persino da Plinio il Vecchio, scrittore e governatore dell’antica Roma, nella sua enciclopedia “Naturalis Historia”, nella quale viene descritto come “un pane impastato con argilla del quale si nutrono i Sardi”.

Per la sua preparazione si sceglievano le ghiande più mature, che venivano sbucciate e lessate e l’acqua filtrata mediante uno strato di argilla, erbe aromatiche e cenere. Una volta lessate le ghiande, si formava una sorta di “polenta” che poi veniva tagliata a pezzi e fatta asciugare al forno o al sole e poi consumata. Ma perché si usava proprio l’argilla? In in epoca primitiva in Sardegna era diffusissimo il culto della Dea Madre, e si credeva che l’argilla fosse il suo sangue e chi si cibava del pane con le ghiande si sarebbe guadagnato la salvezza nell’aldilà. Un pane dal colore quasi nero cenere, che a quanto pare era molto buono, tanto che veniva preparato e consumato in Ogliastra fino agli anni 50 del secolo scorso.

[A cura di Stefania Lapenna – Articolo scritto originariamente il 19 febbraio 2019]

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Nelle prime ore della mattinata, i Carabinieri della Stazione di Tortolì e del NORM della Compagnia Carabinieri di Lanusei, unitamente a personale dello Squadrone Cacciatori Carabinieri Eliportato di Abbasanta, militari della Compagnia Carabinieri di Jerzu, personale del Nucleo Operativo Ecologico di Cagliari, Nucleo Tutela Patrimonio Culturale di Cagliari, Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Nuoro, della Guardia di Finanza della Tenenza di Tortolì-Arbatax e dell’Agenzia Regionale Protezione Ambiente – Dipartimento Territoriale Nuoro – Ogliastra, hanno proceduto e posto in essere un accurato controllo presso tutto il cantiere della SS – 125 e delle ditte cui sono affidati i lavori.

Nello specifico in forza di un provvedimento di ispezione, perquisizione e sequestro, emesso dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Lanusei, 4 sono i soggetti al momento denunciati ed una società.

L’attività investigativa ha consentito di apprezzare, con ragionevole certezza che in Lotzorai, località “insula manna/su stoargiu”, dopo avere posto in essere un’attività di estirpazione della vegetazione arborea e degli alberi, si procedeva, in assenza di autorizzazioni o in difformità di essa – direttamente e/o mediante l’impiego di operai e di macchine operatrici ed autocarri – ad un’attività di sbancamento del terreno e di prelievo di sabbia e inerti, ubicata nelle immediate adiacenze di uno stagno costiero, sottoposta a vincolo paesaggistico-ambientale, riconosciuta sito di interesse comunitario e dichiarata di notevole interesse pubblico, cagionando la distruzione ovvero l’alterazione delle bellezze naturali dei luoghi.

Il terreno rimosso, costituito da materiale di risulta proveniente dal dragaggio dello stagno, veniva trasportato in due siti e successivamente immesso nel ciclo produttivo del calcestruzzo, che verosimilmente a bassa resistenza meccanica, veniva fornito ed impiegato presso il cantiere dei lavori di completamento e costruzione della nuova strada statale 125 “orientale sarda”. lotto 4, stralcio 2°, tronco Tertenia – Tortolì.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Tanti luoghi storici sono circondati da un’aura di mistero, legata a leggende ed episodi (più o meno veri) che si tramandano da secoli, storie di efferati crimini o magari storie di fantasmi.

 

A Tortolì esiste un luogo che per alcuni si fregia di essere uno dei più infestati della Sardegna: il teatro S. Francesco a Fra Locci.

Il nome della piazza deriva da un frate cappuccino maestro muratore, che si ritiene abbia costruito una fontana pubblica proprio dove c’era una sorgente d’acqua nel XVIII secolo.

La piazza era anche tristemente nota con il nome di “S’impiccadorgiu”, perché era il luogo dove avvenivano le esecuzioni delle pene capitali sulla forca.  Un posto macabro anche perché la testa del condannato veniva esposta per lungo tempo sul patibolo come monito per la comunità.

 

Nel 1721, nella piazza, fu edificato un convento ad opera del frate cappuccino Luigi da Nureci ma già nel 1766 per ordine del Regio Governo fu chiuso. Nel corso del tempo il complesso ebbe diversi usi: fu successivamente granaio, caserma, prigione e caseificio attivo fino agli anni ’50.

 

Ma facciamo un passo indietro. Secondo la leggenda, i frati presenti nel convento pare non conducessero una vita legata alla loro vocazione, ma addirittura furono accusati di crimini disdicevoli da alcune potenti famiglie della cittadina. Si narra infatti che avessero rapito e poi stuprato alcune ragazze mettendole incinta. Una di queste sfortunate sarebbe stata uccisa e seppellita tra le mura del convento.

 

I cappuccini lasciarono Tortolì, scrollandosi i sandali per non portarsi dietro neanche un granello di polvere della ingrata cittadina e lanciarono una maledizione alla famiglia che li aveva più osteggiati, dannandola per 7 generazioni.

 

Il teatro come lo vediamo ora fu ricavato della omonima Chiesa di San Francesco, in realtà mai finita e mai consacrata, che faceva parte del complesso. Ma le dolorose vissicitudini che si sono susseguite tra le sue mura, hanno lasciato qualche strascico misterioso e forse qualche suo abitante non se ne è mai andato.

Alcuni operai incaricati di mettere in sicurezza la parte antica, ora ridotta a rudere, abbandonarono il cantiere perché la mattina trovavano inspiegabilmente distrutti i lavori fatti il giorno prima.

Antonio Ghironi, presidente dell’ associazione culturale AC Simul, una delle quattro che gestisce il teatro in tanti anni di attività, benché non abbia mai vissuto in prima persona nulla di  “anomalo”, ha raccolto diverse testimonianze di persone che hanno avuto a che fare con entità incorporee.

 

Come quella di un attore che mentre ripassava le battute è rimasto a dir poco senza parole nel vedere un anziano frate, dall’aspetto imponente, attraversare la platea sparendo nel nulla.

 

Ma gli episodi terrificanti non sono finiti, una pianola iniziò a suonare da sola senza che fosse collegata alla corrente (un classico di ogni film horror che si rispetti) eppure i tecnici del suono notarono che i mixer, nonostante fossero in standby, ricevevano impulsi da una fonte di energia sconosciuta

 

Tra le varie testimonianze ricorre spesso anche quella inquietante sensazione, tanto vera quanto inspiegabile, di essere osservati. Anche lo spirito della ragazza rapita e assassinata, pare vaghi senza pace tra le mura dell’ex convento diventato la sua tomba.

 

Forse la suggestione della sua antica storia, ricca di eventi dolorosi, suscita scherzi della mente, ma sicuramente il teatro San Francesco  rimane uno degli edifici più affascinanti di Tortolì.

 

 

(Si ringraziano per le informazioni Giuseppe Puncioni e Antonio Ghironi)

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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