Una delle tradizioni dell’artigianato più affascinanti della Sardegna, è sicuramente l’arte della produzione della seta di Orgosolo. Da secoli patrimonio storico-culturale del paese barbaricino.

Questa straordinaria tecnica è stata introdotta nell’Isola dai gesuiti nel ‘600, ma da sottolineare che l’attività della bachicoltura proviene dalla Cina dove veniva praticata già nel 3000 a.C.

Ad Orgosolo la produzione domestica della seta è finalizzata alla realizzazione de su “lionzu”, il copricapo del costume tradizionale, tessuto con la seta grezza prodotta e lavorata a telaio da alcune donne del paese, custodi di questa raffinata arte tramandata da generazioni.

Nel paese barbaricino viene allevato un baco da seta di razza pura – in quanto nei secoli non ha subito incroci con altre razze – facendo sì che nel tempo si sia selezionata una vera e propria specie riconosciuta dall’Istituto di bachicultura di Padova denominata “Orgosolo”.

La colorazione gialla del filo di seta che la differenzia dalle produzioni realizzate a livello industriale è legata al tipico colore intenso de “su lionzu”, tinteggiato con lo zafferano locale.

L’allevamento dei bachi da seta ha inizio in primavera, nei primi giorni di maggio, quando iniziano a germogliare gli alberi di gelso, quando si schiudono le uova – “su semene” – e si conclude con la creazione del bozzolo da parte del bruco – su “ermeddu” – a giugno.

 

In questa fase, ogni anno vengono scelte dieci coppie di maschi e di femmine – il baco più allungato è il maschio mentre quello più tondeggiante la femmina –  e coppie serviranno per produrre altre uova. Ogni anno l’esemplare femmina depone circa 500 “semenes” e da questi si formeranno i bachi per l’anno successivo.

 

Nel dettaglio in questo video realizzato durante l’ultima edizione di Autunno in Barbagia a Orgosolo, la spiegazione di alcuni procedimenti della produzione della seta, da parte di Maria Corda, del laboratorio “Tramas de seda”, che con passione e a fini culturali continua a portare avanti questa antica e affascinante arte.

 

 

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Un’immagine del passato di sessant’anni fa.

Nella foto, signor Tugulu e il signor Murgia, ormeggiatori ad Arbatax.

Lo scatto è stato realizzato negli anni ’60.

La foto è stata gentilmente concessa, da F. Murgia.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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La foto di oggi è stata scattata da Serenella Puddu a Talana.

Ph: Serenella Puddu

Nella splendida immagine, si può ammirare la suggestiva cascata “Niu de su puggione”.

Invia le tue foto dell’Ogliastra alla mail redazione@vistanet.it (indicando il nome del fotografo e del luogo immortalato).

Le più belle saranno pubblicate sul nostro giornale.

 

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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Continuano le ricerche del piccolo Mattia e di Brunella Chiù, rispettivamente di otto e di cinquantasei anni, i due dispersi a seguito dell’alluvione che ha colpito nei giorni scorsi le Marche.

Gli sforzi si concentrano nella zona di Contrada Coste, nel Comune di Barbara e si estendono a tutta l’area coinvolta dalla bomba d’acqua.

Il bambino figlio di Silvia Mereu, originaria di Urzulei, era stato trascinato via dalla piena del torrente mentre si recavano a casa dei nonni su un’auto condotta dalla madre.

Più di cento gli uomini impegnati nelle ricerche, dal Soccorso Alpino e Speleologico, ai tecnici di Soccorso Forre provenienti da Marche, Umbria, Liguria, Puglia, Veneto, Lazio, Basilicata e Sardegna impegnati a scandagliare il letto del fiume e piloti di droni giunti da Alto Adige, Piemonte e Valle d’Aosta.

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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Lo sapevate? Le bietole selvatiche sarde, oltre a essere gustose, sono dietetiche e depurative.

Nei campi, nei canaloni, vicino alle colline e non lontano dal mare (pare siano anche più buone), nei pendii fertili e dove c’è tanta acqua: lì è il regno delle bietole, alimento fondamentale per chi vuole mettersi a dieta. La bietola selvatica è una pianta erbacea perenne: le foglie sono oblungo-ovaliformi e il fusto può presentare una colorazione rossastra. La pianta assume aspetti diversi: da eretta fin quasi ad essere distesa al suolo.

La bietola era già conosciuti nel mondo greco: Teofrasto, filosofo e botanico greco (300 a.C.), ne parla nei suoi scritti, a Roma ne parla Plinio il Vecchio (I secolo dopo Cristo).
La pianta veniva usata non solo come cibo, ma anche come medicinale. Le bietole selvatiche hanno un contenuto calorico molto limitato e sono dunque molto utili nelle diete dimagranti. Come altre verdure, si utilizzano anche contro la stitichezza, contengono acido ossalico, una sostanza che serve per la buona salute delle ossa. Sono facilmente digeribili e, per tutte queste proprietà, sono particolarmente indicate anche per l’alimentazione di bambini, anziani e donne in dolce attesa.

Alla bietola selvatica si attribuiscono proprietà anti anemiche, anti infettive, decongestionanti e anti emorroidali. Si consumano i nuovi getti e le foglie tenere, che si raccolgono da ottobre a marzo prima che la pianta emetta i germogli, altrimenti il sapore della stessa diventa amaro.

Le bietole frequentemente vengono preparate bollite e mangiate con olio e limone, in zuppe e minestre. Qualcuno preferisce ripassarle in padella con l’aglio e con l’aggiunta di formaggio filante o saltate con l’uovo. Costituiscono la base per il ripieno di focacce e torte salate. Contengono acqua, proteine, pochissimi grassi, glucidi, tantissimi sali  minerali come magnesio, sodio, potassio, calcio e ferro e vitamine A (essenziale per la pelle), C e B9 o acido folico (importante per l’assorbimento del ferro).

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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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Suonare un pianoforte e cantare direttamente in acqua.

E’ stato fatto in Sardegna, ieri, nella bellissima cornice del lago di Gusana a Gavoi.

Il cantautore Piero Marras si è esibito davanti al pubblico, suonando e cantando da una piattaforma galleggiante realizzata in mezzo al lago barbaricino.

Una bellissima idea degli organizzatori di “Esperienze e suoni d’acqua”, prima edizione del Festival del Lago di Gusana, allestito dall’associazione Culturale Baetorra in collaborazione con il Comune di Gavoi, e finanziato dalla Fondazione di Sardegna e dall’Assessorato al Turismo della Regione Autonoma della Sardegna.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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La Carapigna, l’antenato del sorbetto in un testo dell’esperto e docente di gastronomia sarda Giovanni Fancello. Si tratta di un prodotto tradizionale dalle antiche origini, tipico delle zone interne della Sardegna, in particolare Aritzo. Si presenta come un un sorbetto al limone, di colore bianchissimo e dalla caratteristica consistenza simile a quella della neve fresca.

Consumare bevande fresche come succhi di frutta, miele o latte sono una conoscenza alimentare che troviamo già nell’Antico Testamento. I Romani utilizzavano la neve, dolcificata col mosto d’uva concentrato o miele, per preparare bevande fresche.

Furono gli Arabi poi a portare la conoscenza della canna da zucchero, da utilizzare al posto del miele. Con lo zucchero, sciolto nell’acqua, era più facile ottenere sciroppi.

È nei testi di medicina antica, come il Canone di Avicenna (XI secolo), che si ritrova una pietanza preparata con succo di limone, un po’ di cinnamomo, mandorle e zucchero, utilizzata per confortare lo stomaco. Il limone quindi, con zucchero, al posto del miele e mosto.

In Sardegna è ancora viva la preparazione di una pietanza che richiama le bevande fredde del mondo antico preparate con uno sciroppo di limone e zucchero chiamata “carapigna”. L’origine del termine Carapigna è controverso, qualcuno ipotizza possa essere originario del tardo latino volgare carpiniare, da carpere – prendere, rapprendere.

Fino a poco tempo fa in Sardegna sa carapigna si riteneva un prodotto tradizionale di Aritzo, per via della presenza di centri di in cui veniva raccolta e commercializzata la neve. Oggi è prodotta principalmente da famiglie originarie del paese, ma trasferitesi nel Campidano. I Carapigneris ancora in attività sono pochissimi, tra i quali il giovane Sebastiano Pranteddu, originario di Aritzo, che esercita a Tuili.

Sa Carapigna di Sardegna, tecnicamente, appartiene alla classificazione dei sorbetti, essendo formata da un amalgama di acqua zuccherata, aromatizzata e ghiacciata. La tecnologia utilizzata consiste nel refrigerare un composto a base di acqua, zucchero e aromi utilizzando una miscela di ghiaccio e sale.

Si usa ancor oggi una sorbettiera manuale. La carapigna sarda, si differenzia dalle altre composizioni ghiacciate perché non ha il ghiaccio come ingrediente, anche se nella evoluzione si potrebbe essere passati dalla versione di granita a quella raffinata del sorbetto per mezzo dell’utilizzo de su Barrile che serve per contenere sa carapignera, circondata complessivamente da ghiaccio e sale.

Noti e importanti autori sardi, assimilano la preparazione sarda al sorbetto: Il canonico Giovanni Spano nel suo vocabolario alla voce “Carapigna” lo traduce: sorbetto, gelato; anche Giovanni Maria Cabras nel suo vocabolario “Sardu-Baroniesu, Baroniesu-Sardu”. alla voce “carapinna”, la traduce come :“sorbetto”, facendo derivare il termine dallo spagnolo garapina e dal catalano garapinya;  Max Leopold Wagner, nel suo vocabolario etimologico traduce “Carapigna”, come sorbetto.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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I nuraghi erano delle costruzioni gigantesche, come appurato in tutti gli ultimi studi sull’antichissima civiltà sarda.

Dei veri e propri castelli dotati di torri, mura di cinta e strutture architettoniche molto avanzate per l’età del bronzo. I nuraghi sono infatti le costruzioni megalitiche più alte del Mediterraneo dopo le Piramidi egizie.

Per far capire le dimensioni di queste strutture basti pensare che la torre più alta mai costruita in un nuraghe era alta circa 27 metri, praticamente come un palazzo di 9 piani.

Questo record appartiene al Nuraghe Arrubiu di Orroli, soprannominato – non a caso – il “Gigante rosso”.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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Grave incidente questa sera a Cagliari, in viale Regina Elena.

Un uomo di 59 anni, di Tortolì, si è scontrato – per cause ancora da accertare – contro un’auto mentre si trovava in sella alla sua moto e ora si trova in gravi condizioni al Brotzu, dove dai soccorsi è stato portato in codice rosso.

Sul luogo dello scontro le forze dell’ordine per i rilievi.

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Fonte: Ogliastra News Michela Girardi

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Oggi vi portiamo a fare un volo sul Lago alto del Flumendosa, per osservarlo da un punto di vista insolito.

Nel bellissimo video di M. Deiana potrete osservare uno dei luoghi più suggestivi dell’Ogliastra, con le acque blu del lago incastonate tra i fitti boschi e le montagne a fare da cornice.

Inoltre, si intravede la vicina Stazione di Villagrande sul tracciato ferroviario del Trenino Verde.


 

 

L’articolo (VIDEO) Ogliastra. Un volo sul Lago del Flumendosa, come non lo avete mai visto proviene da ogliastra.vistanet.it.


Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda

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