Lo sapevate? Come sono arrivati i primi uomini in Sardegna?

Non esistono ancora datazioni precise ma negli ultimi decenni, grazie anche a qualche sporadico ritrovamento, gli studiosi stanno arrivando alla conclusione che i primi uomini abili sarebbero arrivati nella nostra regione 300/350 mila anni fa. Per effetto delle ultime grandi glaciazioni, infatti, Sardegna e Corsica erano ancora collegate (o comunque molto più vicine di quanto lo siano oggi), i mari infatti in quel periodo un po’ ovunque avevano subito una regressione. La Corsica stessa, quindi, era molto più vicina all’attuale arcipelago toscano. Gli ominidi più abili e arditi, quindi, avrebbero nuotato inseguendo le migrazioni di alcuni animali, per poi stabilirsi in quella che sarebbe diventata la Sardegna. Una terra molto diversa da quella attuale, molto più verde e ricca di boschi e soprattutto con un clima differente, meno caldo d’estate e probabilmente molto più gradevole, anche per effetto delle glaciazioni.

 

Questi uomini non erano né i Sapiens, né i Neanderthal ma erano gli Erectus, cacciatori paleolitici, di taglia normale ma gracili. I testi di storia avevano fatto iniziare il tutto nel primo periodo del Neolitico: sino a qualche anno fa quindi si pensava che la comparsa dell’ uomo in Sardegna fosse avvenuta circa 7 mila anni fa.

Ma prima alcuni rinvenimenti di strumenti lavorati di pietra poi altri ritrovamenti ossei hanno fatto ipotizzare un popolamento assai più vetusto, in età paleolitica.

Determinante il ritrovamento dei resti di un ominide di oltre 250 mila anni, per l’ esattezza una falange, a cui è stato dato il nome di Nur in memoria del mitico primo abitante sardo, sono stati scoperti in una grotta di Cheremule, nel Logudoro meridionale, nel nord-ovest della Sardegna non lontano da Sassari, come comunicato da studiosi delle università di Sassari e di Liegi durante un Congresso internazionale di preistoria e protostoria tenutosi in Belgio circa 20 anni fa. Il reperto, secondo i ricercatori Jean Marie Cordy, Sergio Ginesu e Stefania Sias, si colloca nella scala evolutiva tra l’ Homo erectus, nella sua fase finale, e l’ uomo di Neanderthal.

Le proporzioni dell’ osso corrispondono ad una corporatura di taglia normale, ma con un allungamento marcato da cui è possibile intuire una certa gracilità fisica. Il reperto non proviene da un deposito stratigrafico, ma è stato rinvenuto da speleologi di Thiesi al termine di una serie di impegnative e pericolose esplorazioni nella Grotta di Nurighe, un budello orizzontale lungo oltre mezzo chilometro e largo non più di 50-60 centimetri, occupato sul pavimento da acqua e fango. Prima della frana finale il torrente sotterraneo ha convogliato e depositato resti ossei di animali preistorici, in ottimo stato di conservazione e alcuni ricoperti o inglobati in concrezioni di calcite, tra i quali era frammista la falange umana. Tra gli animali figurano cervidi di minuscola taglia, canidi, un logomorfo endemico, roditori, uccelli, batraci e gasteropodi. Una fauna tipica della fase finale del Pleistocene medio, convogliata sottoterra dalle acque attraverso un paleoinghiottitoio carsico, ostruito poi 200 mila anni fa da una colata vulcanica di basalto. La scoperta di Nur poneva il problema su come avesse fatto l’ uomo ad arrivare in Sardegna. Gli studiosi hanno così ipotizzato la possibile esistenza, se non proprio di un collegamento fisico, di un contatto facilitato attraverso la Corsica, l’ arcipelago toscano e l’ emersione di altre isole contigue, con brevi tratti di mare ove fosse possibile un trasporto accidentale e una navigazione a vista di coste.

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Fonte: Ogliastra News Mario Marcis

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