di Massimiliano Perlato
È un delicato e meraviglioso emblema del firmamento cinematografico italiano. L’orgoglio di tutta una regione, che ha dovuto lasciare affinché potesse scorgere la sua grandezza in una romantica Parigi, cuore del cinema d’Europa che conta, distante dai riflettori nostrani.
Una scelta intelligente, specifica e coraggiosa quella di Caterina Murino, nata a Cagliari il 15 settembre 1977, di sicuro talento dietro a una cinepresa o sopra un palco.
Accantonati i desideri professionali di fare il medico, Caterina, per merito della sua tipica bellezza mediterranea, s’è imposta un proseguimento nel percorso esistenziale da modella. “La medicina era veramente il mio sogno, ma sfortunatamente non ho superato i test per la Facoltà. E poi la vita ha scelto per me. Mai avrei pensato di fare questo mestiere”.
Così dopo gli studi si è consacrata alle passerelle, partecipando anche al concorso di Miss Italia nel 1997 dove si è classificata quinta.
Nel 1999 fece la sua prima comparsa in televisione come “letterina” alla trasmissione “Passaparola” condotta da Gerry Scotti. In contemporanea iniziò a studiare recitazione nel laboratorio della Scuola di Cinema e Teatro di Francesca De Sapio a Roma.
E dal 2002 decollano le prime produzioni televisive e cinematografiche. Sulle reti Sky conduce programmi di cinema e moda e non si lascia scappare l’occasione di essere la testimonial di diverse case produttrici di cosmetici, pur essendo in attesa della grande opportunità che la porrà effettivamente in luce.
Il maestro Dino Risi la inserisce nella fiction tv Le ragazze di Miss Italia (2000), a cui seguirà nello stesso anno Part time di Angelo Longoni. Sperimenta, con molta risolutezza e audacia, nel far fiorire la sua passione, la recitazione, e alterna alla fiction (Il giovane Casanova, 2001; Don Matteo, 2001; Orgoglio, 2003) il teatro. Porta in scena Dieci Piccoli Indiani di Agatha Christie per la regia di Danilo Grezzi, che la scrittura anche per il suo Riccardo III (2003).
Il suo debutto sul grande schermo è quasi letterario, con il primo film dello scrittore cileno Luis Sepulveda Nowhere (2001), che in Italia passa quasi inosservato, ma non similmente in Francia, dove la pellicola riscuote un discreto successo di critica e pubblico e che proietta Murino nel cinema internazionale. Visti i presupposti, l’attrice trasloca a Parigi per azzardare il salto di qualità.
Oltralpe sanno apprezzarla in L’enquête corse (2002), in cui concede un’eccellente e magistrale interpretazione. Arriva il momento d’oro, quello tanto atteso, con la possibilità di ostentare il suo talento a tutto il mondo e, dopo averlo confermato rapidamente con Les Bronzés 3 – Amis pour la vie (2005), eccola al fianco di Daniel Craig in versione Bond Girl nel ruolo di Solange in Casino Royale (2006). Ed è questo il film che la consegna alla caratura planetaria. Ottenne quel ruolo primeggiando rispetto ad una concorrenza agguerrita.
Forte del riscontro acquisito, nello stesso anno appare in alcune commedie inglesi e italiane, come in Non pensarci di Gianni Zanasi. Nel 2008, bella e affascinante, ha interpretato il suo primo film in Italia da protagonista Il seme della discordia. Accanto a lei Alessandro Gassman, Valeria Fabrizi e Isabella Ferrari in una commedia tratta da un romanzo di Heinrich von Kleist. Ancora in Gran Bretagna, nel 2009, è nel cast di The Garden of Eden, tratto da un romanzo di Ernest Hemingway, un film di successo che racconta il rapporto ambiguo e complesso tra un giovane scrittore, la sua affascinante moglie ribelle e trasgressiva e l’altra donna, attratta da entrambi.
Impegnata su numerosi set tra il Canada e la Francia, è stata poi nel cast di diversi film in giro per il mondo al fianco di attori di sicuro spessore.
Ha lavorato anche in Sardegna al fianco di registi isolani come Cesare Furesi per Chi salverà le rose? e Igor Biddau per Bianco di Babbudoiu, nei film d’inchiesta come Ustica di Renzo Martinelli e Se son rose di Leonardo Pieraccioni.
Parla quattro lingue correntemente, e, da quando ha lasciato la Sardegna, si divide tra la Francia, l’Italia e naturalmente la terra natia. Va molto fiera di un passaggio che nessuno menziona, ovvero la copertina della rivista “Life” nel 2006. “Solo due italiane prima di me l’hanno avuta: Sofia Loren e Claudia Cardinale, scusate se è poco.”
Caterina Murino oggi può tracciare un bilancio straordinariamente positivo di una carriera costellata da una lunga serie di successi, non ultima la nascita della linea di gioielli con il suo nome. “La mia collezione ‘Mirto’ – spiega –, è lavorata con la filigrana sarda mentre la collezione ‘Fili di Vento’ è a favore di ‘Stand up for African Mothers’. Gioielli preziosi fatti a mano che raccontano le nostre leggende, la nostra storia. Collaboro con tre orafi sardi di Barisardo, Dorgali e Alghero. Le linee sono totalmente ispirate alla nostra isola. Il corallo è una delle materie prime che le caratterizza, come anche l’oro. Ho avuto invece modo, con grande stupore e dispiacere, di appurare che pochissimi nel mondo conoscono la nostra filigrana sarda.”
Caterina spiega dove è nata questa passione. “Mi sono iscritta a una scuola di Gemmologia a Parigi. Mi ha sempre affascinato il motivo per il quale gli uomini sono arrivati fino a uccidersi per rubare pietre dal potere enorme. Poi l’ho capito: ogni pietra ha un’energia dalle vibrazioni infinite, passa attraverso molte mani, viene estratta, lavorata, commercializzata. La mia pietra preziosa preferita è sicuramente lo zaffiro stellato: è stato amore a prima vista dopo averlo scoperto in miniera, nello Sri Lanka.”
Portabandiera di una femminilità tutta mediterranea, lasciando l’amata Cagliari ha portato con sé la tenacia delle donne sarde. Una caratteristica che non l’ha mai abbandonata. “La sardità è un tesoro che non svanisce, anche se hai dovuto fare le valigie per trovare uno sbocco professionale.”
Caterina è l’immagine per antonomasia che tranquillizza e mette in vetrina la dolcezza e l’orgoglio di essere isolani. Riesce, attraverso la sua fierezza di provenienza, a mantenere in tutti i contesti la sua sardità e, al contempo, offrire al mondo l’immagine di una Sardegna viva e contemporanea e fortemente legata alle sue tradizioni.
È stata ‘Mamuthone ad honorem’ nel 2016 e ‘Candeliere d’Oro Speciale’ a Sassari nel 2017. Tanti onori nell’isola che la rendono consapevole della necessità di far conoscere all’estero i valori della Sardegna. “Non mi sento responsabile ma rappresentante. Questi riconoscimenti hanno irrobustito ulteriormente il sentimento d’amore per la mia terra. Sono premi che richiamano le mie radici profonde e sono sinonimi di un’identità indelebile. È una cosa di cui vado molto orgogliosa.”
Caterina non dice mai di no se si tratta di prestare il suo volto per diverse campagne pubblicitarie per l’ambiente, le tradizioni e il territorio della Sardegna.
A chi le domanda se tornerebbe a vivere in Italia, lei risponde di no. “Parigi è casa mia, anche se i miei genitori vivono ancora in Sardegna e vado spesso a trovarli. E non c’è giorno che non ci sentiamo. In Italia torno spesso anche per fare teatro. Ma a riguardo ho lavorato un po’ in tutto il mondo: Stati Uniti, Inghilterra, Argentina, Bahamas, Cina, India”.
Caterina Murino è donna che rimane per indole umile e comunicativa. E su queste peculiarità edifica un‘immagine limpida e naturale. Si conserva schietta e senza voli pindarici, contrariamente a quanto spesso avviene in certi ambienti dello spettacolo. Energica e simpatica, allegra e sensibile, mai fuori dalle righe. “Il cinema spesso è composto da donne bellissime che sgomitano per raggiungere l’obiettivo, arrivando da ogni angolo del mondo. Ma sono tutte talmente prese da sé stesse che scordano di nutrire l’anima. Sono come piante. Certamente a rendere diva una donna è altro: la sicurezza interiore, la cultura, il modo di fare. Essere una pianta non è gratificante.”
Caterina è anche sinonimo di impegno sociale e solidarietà. È testimonial per Amref Health Africa, essendo particolarmente attenta ai problemi dell’Africa. Una cara zia è stata a lungo insegnante in Somalia. “L’Africa è una terra martoriata da tanti mali. Amref si è attivata da subito con progetti specifici, per esempio in Kenya. Lavoro con loro a distanza ma dal 2006 ho fatto sette viaggi in Africa, tra Kenya, Somalia e Senegal. Sono andata a vedere il lavoro che fanno lì, cercando di capire che cosa manca, nelle scuole, nella sanità, dove concretizzano dispensari e formano medici locali. In questi anni ho visto un Africa mutare, i giovani possono avere fiducia e un futuro.”
Un passo questo che l’ha portata a toccare con mano la vita difficilissima nei bassifondi africani e a decidere d’impegnarsi con tutta se stessa per promuovere alcune raccolte fondi a sostegno dei progetti per la salute e l’educazione, dedicando molte energie per il programma “Stand up for Africans Mothers” che cura la formazione di ostetriche e medici, attuando trasversalmente, forse, quel suo sogno giovanile chiuso in un cassetto, di diventare pediatra.
Infine, è una cattolica praticante. “La fede per me è fondamentale. Considero Dio il mio migliore amico che è sempre lì per me, ma ci sono cose che mi fanno pensare, momenti in cui sono mi chiedo il perché di tante cose, e capita che mi arrabbi con lui. Io con Dio ci parlo in continuazione, la fede è un dono ed è personale, ma è anche farsi delle domande.”
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Fonte: Ogliastra News Roberto Anedda
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